martedì 12 maggio 2009

Il coraggio di non fotografare

Fotoreporter
Il 1° Maggio ero a Salerno,a passeggio sul bellissimo lungomare.Nella normale giornata di festa,all'improvviso si presenta alla mia vista un grosso arco gonfiato da ventilatori ad alta velocità.Su di esso c'era lo stemma dell'Esercito Italiano.Incuriosito da cosa potesse rappresentare,mi sono avvicinato.Ho visto tutto il lungomare transennato con la presenza,ad ogni 50 mt, o di un militare o di membri della Croce Rossa Italiana.

Mi sono avvicinato ad uno di loro e ho chiesto cosa sarebbe successo di lì a poco.Mi è stato riferito l'inizio di lì a poco di una piccola maratona riservata ai non vedenti.Ognuno di loro era accompagnato da due membri.Ho seguito con attenzione questo evento.Era bello vedere come queste persone,nonostante questo loro handicap,mostrassero nel loro volto tutta la gioia di un evento nuovo per loro.Testimoniavano che nessuna barriera si poteva frapporre tra loro e i loro sogni.Per una mattina sono stati protagonisti di un bellissimo evento sportivo.Avevo con me la mia macchina fotografica.Avrei voluto scattare qualche foto.Ma non ho avuto il coraggio di tirarla fuori.Mi sono chiesto:"Scatto le foto,per il gusto mio o di farle vedere in giro? Sarebbe giusto mettere in mostra questo loro handicap per un tornaconto tutto mio ? Per creare facile pietismo in chi avrebbe guardato quelle foto e prendere qualche commento in più nel mio album fotografico ? ".Poi cosa avrebbero pensato un giorno i familiari se avessero visto queste foto in giro ? E' troppo facile,nella fotografia di strada,fare degli scatti di persone che vivono una loro difficoltà e di creare pietismo in quelli che le guardano.Per poi sentirsi dire ."Sei bravo,ottima street photography".

E poi il rispetto della loro dignità umana dove va a finire ? Si chiede a queste persone se vogliono essere fotografate ? Per cui credo che prima di scattare una foto bisogna in cuor proprio chiedersi a cosa serva . Per glorificare se stessi o per testimoniare una realtà ? Solo dopo essersi data una risposta,utilizzando la propria coscienza,si può decidere cosa fare.


IO HO DECISO DI NON SCATTARE UNA FOTO PER RISPETTO DEI NON VEDENTI.IO NON VEDO IL LORO BUIO E LI RISPETTO.

3 commenti:

  1. Mi trovo perfettamente daccordo con te, caro Pasquale; purtroppo questo è uno dei mali della multimedialità, ormai tutti hanno un cellulare con con fotocamera incorporata e purtroppo quasi mai il proprietario ha la cultura e la sensibilità per passare oltre, invece è proprio la morbosità , quest'ansia di vedere che fagocita ogni minimo scrupolo della mente...
    anche a me è capitato di passare ingalleria Garibaldi(Genova) e vedere un uomo riverso a terra sanguinante dopo un incidnte circondato da cuiosi ce "fotografavano!?! con il cellulare!
    Come ho già detto è tutta questione di cultura e sensibilità...

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  2. Nel pieno rispetto dl tuo pensiero, mi permetto di suggerirti una riflessione circa il fatto che non sia l'atto del fotografare in sè a recare pregiudizio nei confronti di un soggetto, quanto piuttosto la modalità in cui si esplica, sia a livello di intenzioni sia a livello di forma. Ovvero non riesco a trovare più rispettoso il decidere di non fotografare i non vedenti impegnati in un evento agonistico che il decidere di fotografarli. Semmai è il modo in cui vengono fotografati a poter risultare offensivi. Mi chiedo se hai pensato ciò che hai scritto perché non hai pensato anche di renderlo nelle tue fotografie? Perché decidere aprioristicamente che riprenderli avrebbe arrecato loro un danno invece che un vantaggio?
    Per quella che è la mia esperienza spesso dietro un rispetto di facciata si nasconde il peggiore dei pregiudizi.
    Detto questo se in quel momento hai ritenuto opportuno non scattare, hai fatto senz'altro la scelta migliore. Il mio era solo un invito a considerare un altro punto di vista.

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  3. Ciao Sandro ti ringrazio del tuo commento.Posso solo dire che non ho nessuna forma di pregiudizio.Il fatto è che in quel momento non avrei saputo ben rappresentare fotograficamente quella situazione agonistica.

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